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1° maggio: Beatificazione di Giovanni Paolo II

In occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II, la redazione di Web MonopoliTv, affida a Mons. B. Forte, il ricordo della grandissima figura di Karol Wojtyla, tratta dall'introduzione dell'album fotografico che Il Sole 24 Ore, ha pubblicato in suo ricordo. “Sulla tua tomba bianca sbocciano i fiori bianchi della vita … Sulla tua tomba bianca risplende luminosa quiete, come se qualcosa ci sollevasse in alto, come se confortasse la speranza” Questi versi aprono la poesia che il giovane Karol Wojtyla aveva dedicato alla madre, morta quando lui aveva appena nove anni. Sono parole di amore, voce di una dolcissima speranza: proprio così esse ci aiutano ad andare al cuore del messaggio che la vita e la morte di Giovanni Paolo II hanno lasciato al mondo. È anzitutto un messaggio di fede nell’ETERNO e d’amore a tutto ciò che è umano: se l’abbandono in DIO perdutamente amato è stato l’anima ispiratrice di ogni sua scelta, lo splendore della sua anima immersa nell’Amato traspariva in ogni suo gesto, gridando il suo amore a CRISTO e alla vita perfino attraverso la silenziosa eloquenza del suo corpo crocifisso dall’infermità. Si può dire che la verità luminosa testimoniata incessantemente da Giovanni Paolo II sia stata la perfetta sintonia della sequela di GESU’ con l’amore alla persona umana, alla sua dignità, alla vita. A rivelarlo era la corrispondenza totale fra il suo cuore, nascosto con CRISTO in DIO, e il suo volto, offerto senza risparmio agli uomini. Può piangere la madre morta con gli accenti di struggente tenerezza, che la poesia Sulla tua tomba bianca manifesta, solo chi considera lo spettacolo di questa vita terrena non come un vano teatro destinato al nulla, ma come un riflesso e un anticipo dell’eternità, come una storia amata, fatta di carne e di sangue, di passioni, di lacrime e di gioie, a cui sentirsi profondamente legati. Con i gesti e i silenzi, con le parole e le opere Wojtyla ha mostrato all’umanità dell’inquieta modernità e dell’insorgente postmoderno come il DIO cristiano sia tutt’altro che il concorrente dell’uomo, ma un DIO vicino, amico degli uomini, sorgente di senso e di bellezza per la fatica di essere e di volersi umani, veramente “il Redentore dell’uomo” Egli ha annunziato così il VANGELO del “possibile, impossibile amore”, di quella carità, cioè, che eccede ogni misura di forze umane, e che tuttavia è possibile e bella, realizzante e vera, perché un ALTRO è venuto ad abitare fra noi, ad amarci fino al sacrificio del Suo CORPO crocifisso, per renderci capaci di amare. Era sua convinzione profonda che a seguire il DIO fatto carne tutto è guadagnato, nulla è perduto di ciò che c’è di vero e di bello nella nostra condizione umana, e che con LUI vivente nello SPIRITO possiamo tutti farci pellegrini nella fedeltà dei giorni verso il giorno senza tramonto dell’amore, quando il mondo intero sarà la patria di DIO. Proprio così, il messaggio dell’intera vita di Giovanni Paolo II apre a uno straordinario orizzonte di speranza. Se la malattia dell’anima moderna è riconoscibile nella tragica penuria di speranze, conseguente alla delusione prodotta dalla violenza esercitata dai “grandi racconti” delle ideologie, la fatica di trovare un senso al vivere e morire umani è non di meno la sfida forse più grande della condizione postmoderna. Ai naufraghi dell’ideologia, come ai solitari navigatori del nichilismo postideologico e delle avventure dell’incomunicabilità imprigionante, Karol Wojtyla ha saputo annunciare la speranza possibile, quella che non delude e non deluderà mai. Ancor più, egli ha saputo insegnarci a “organizzare la speranza”, a tirare qualcosa del domani di DIO nel presente degli uomini, anticipando qualche tratto della Gerusalemme promessa e attesa nella comunità dei popoli e dei singoli nel nostro presente. Senza questa carica di speranza il Papa polacco non avrebbe potuto aiutare in modo così decisivo la transizione dai blocchi contrapposti delle ideologie alla stagione post-ideologica, né avrebbe potuto attrarre come ha fatto immense folle di giovani a guardare a CRISTO quale sorgente di vita e di futuro. La sua immagine fisica appare spesso come quella di un nuovo Mosè in atto di guidare il popolo attraverso le prove del mare e del deserto verso la terra della promessa di DIO. Perfino negli anni del decadimento fisico e nelle ore della voce ormai assente, Giovanni Paolo II ha gridato al mondo la bellezza di DIO e la Verità di CRISTO, proponendole senza paura come ancora cui affidarsi, orizzonte su cui stagliare le scelte di ciascuno e di tutti. Era questa la forza del suo stupore davanti al Mistero di DIO e al mistero del mondo: in questa meraviglia scorreva la linfa della speranza, dell’amore più forte della morte, della gioia di vivere e di spendersi per gli altri, davanti e insieme al SIGNORE crocifisso. “Ed era solo, col suo stupore, tra le creature senza meraviglia  per le quali esistere e trascorrere era sufficiente l’uomo: con loro, scorreva sull’onda dello stupore! Meravigliandosi, emergeva dal maroso che lo trasportava, come per dire a tutto il mondo: fermati! ….. in me hai un porto, in me c’è quel luogo d’incontro col VERBO primordiale. Fermati......” (Lo stupore) Sono suoi versi: e sembrano applicarsi proprio a lui, uomo dello stupore innamorato e credente, uomo della speranza. 

Mons. Bruno Forte

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